
Giuri Associati
31 mar 2024
Newsletter energia ambiente e appalti
(marzo 2024)
Argomenti trattati:
Tariffe idriche: all’Adunanza plenaria la questione di legittimità del metodo tariffario (MTI-3) nella parte in cui non riconosce gli oneri finanziari sui conguagli tariffari biennali (Cons. Stato, sez. II, 12.01.2024, n. 391)
Rifiuti – In house: Presupposti per l’affidamento in house del servizio di gestione rifiuti (TAR Milano, sez. I, 30.10.2023, n. 2540)
Distribuzione gas: tariffe distribuzione gas 2020-2025: legittimo il coefficiente beta stabilito da ARERA per la remunerazione del rischio negli impianti di misura (Cons. Stato, sez. II, 28.11.2023, n. 10.185)
Prescrizione biennale e distributori: ARERA ha pubblicato un chiarimento sulla prescrizione biennale dopo le sentenze del Consiglio di Stato del 29 dicembre 2023 (ARERA, comunicato 1° marzo 2024)
Pratiche scorrette: Confermata condanna irrogata da AGCM per pratiche commerciali scorrette (C.d.S., VI, 16 febbraio 2024, n. 1561)
Contratti non richiesti: sanzioni AGCM per contratti non richiesti di fornitura di energia e gas (Cons. Stato, VI, 27.12.2023, n. 11.175)
Buona lettura, Luigi Giuri
TARIFFE IDRICHE
All’Adunanza plenaria la questione di legittimità del metodo tariffario (MTI-3) nella parte in cui non riconosce gli oneri finanziari sui conguagli tariffari biennali (Cons. Stato, II, 12.01.2024, n. 391)
Il Consiglio di Stato, a causa del contrasto esistente tra le diverse Sezioni sul mancato riconoscimento degli oneri finanziari relativi ai conguagli tariffari, ha deferito la questione all’Adunanza plenaria.
Siciliacque S.p.A. aveva chiesto al TAR Milano l’annullamento di alcuni articoli della delibera ARERA 580/2019/R/idr, con cui è stato approvato il metodo tariffario idrico per il terzo periodo, anni 2020-2023 (MTI-3), a causa del mancato riconoscimento nelle tariffe della copertura degli oneri finanziari derivanti dai conguagli biennali.
In via subordinata, la società aveva chiesto la rimessione degli atti alla C. Giust. UE per valutare la loro coerenza con i principi di certezza del diritto, legittimo affidamento e full cost recovery.
La ricorrente ha evidenziato che il ritardo nel riconoscimento dei conguagli, a distanza di due anni dall’effettivo esborso, obbligava gli operatori ad anticipare il maggior costo sostenuto per la fornitura dell’energia elettrica, impedendo loro di utilizzare tali risorse finanziarie nella loro attività produttiva.
Secondo il TAR, invece, lo sfasamento temporale per il riconoscimento del conguaglio era stato previsto dal Regolatore per tutelare i principi di certezza e trasparenza del sistema tariffario. Inoltre, l’onere finanziario era coperto dal tasso di rendimento garantito dal coefficiente beta delle tariffe. Ancora, l’adeguamento dei conguagli al tasso di inflazione, previsto nel modello tariffario e idoneo ad attualizzare il valore delle somme, era idoneo a coprire gli effetti del ritardo temporale nel recupero del costo finanziario.
Il T.A.R. ha respinto il ricorso, per cui Siciliacque ha appellato davanti al Consiglio di Stato.
Siciliacque ha evidenziato che la questione del mancato riconoscimento degli oneri finanziari sui conguagli tariffari era stato affrontato in precedenti sentenze con risultati contrastanti e giudizi spesso favorevoli agli operatori (C.d.S., VI, nn. 768/2021 e 732/2021; sez. II, 4142/2022).
ARERA ha eccepito in giudizio che il Consiglio di Stato aveva cambiato di recente indirizzo, riconoscendo la legittimità del metodo tariffario (C.d.S., IV, nn. 5428/2022, 5431/2022, 10726/2022, 10727/2022, 10728/2022, 10729/2022 e 10843/2022). Il Consiglio, con sentenza n. 763/2023, ha confermato “la ragionevolezza della scelta dell’Autorità di disporre dei dati effettivi e certificati relativi ai volumi di vendita al fine di procedere ai conguagli, essendo preferibile un sistema di certezza basata sui consuntivi che un sistema aleatorio basato su previsioni”.
Considerato il contrasto fra le varie Sezioni, il Consiglio di Stato ha deferito la questione all’esame dell’Adunanza plenaria, chiedendo se la delibera ARERA 580/2019 debba considerarsi legittima nella parte in cui non riconosce gli oneri finanziari sostenuti dagli operatori, a causa del differimento biennale dei conguagli relativi ai costi non coperti dalla tariffa dell’anno di riferimento. Infine, il Consiglio ha chiesto se la delibera n. 580/2019 è conforme ai principi europei di certezza del diritto, ragionevolezza, legittimo affidamento, proporzionalità e full cost recovery.
IN HOUSE RIFIUTI
Presupposti per l’affidamento in house del servizio di gestione rifiuti (TAR Milano, sez. I, 30.10.2023, n. 2540)
La società in house Sasom srl ha impugnato davanti al TAR Milano la delibera con cui il comune di Vermezzo con Zelo ha affidato il servizio di igiene ambientale ad Amaga srl, altra società in house dello stesso comune.
Con un primo motivo di ricorso, Sasom ha contestato la mancanza di controllo analogo da parte del comune sulla società affidataria del servizio. La ricorrente ha fatto valere l’art. 15 dello statuto di Amaga, il quale, a suo dire, non permetterebbe al Comune di avere un peso societario analogo ai Comuni soci maggiori, sia perché il consiglio di amministrazione è composto da soli tre membri, sia perché il sistema di nomina dell’amministratore che rappresenta la minoranza non garantirebbe un effettivo peso al comune di Vermezzo con Zelo.
Il TAR Milano ha rigettato il motivo di ricorso, affermando che l’analisi della sola direzione societaria non è sufficiente per la verifica del rispetto del requisito del controllo analogo. Imprescindibile è solo il fatto che il controllo pubblico sulla società affidataria del servizio sia effettivo, controllo che può essere ottenuto con strumenti diversi dal potere di nomina di un amministratore. Nel caso di specie, il controllo analogo è stato ritenuto esistente perché lo statuto di Amaga stabilisce che il Comune ha diritto di veto nell’assemblea dei soci in materia di servizi affidati nel proprio territorio e che ogni comune socio ha il potere di esprimere indirizzi vincolanti per il proprio territorio. Inoltre, nella società è stato istituito un organo di controllo analogo, nel quale il Comune di Vermezzo è rappresentato, che è dotato di penetranti poteri di controllo.
Con un secondo motivo di ricorso Sasom ha contestato la violazione dell’articolo 14 del d.lgs. 201/2022 (riordino della materia dei servizi pubblici locali). Tale articolo stabilisce che gli enti affidatari di un servizio pubblico devono specificare in un’apposita relazione le ragioni dell’affidamento e l’esistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la modalità di affidamento prescelta. In aggiunta, in caso di affidamento in house, l’articolo 17 del d.lgs. 201/2022 stabilisce che l’amministrazione deve dimostrare le ragioni del mancato ricorso al mercato tramite gara e i benefici per la collettività che derivano dalla forma di affidamento prescelta.
Per giurisprudenza consolidata, ai fini della valutazione della convenienza economica dell’affidamento in house rispetto al ricorso al mercato, è sufficiente un confronto tra aziende operanti nel medesimo territorio, con cui si riesca a dimostrare che il servizio fornito dalla società in house è quello più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza.
In caso di indisponibilità a reperire un operatore economico che renda il servizio alle condizioni richieste dall’ente locale nel proprio territorio, bisogna effettuare un’indagine di mercato per comparare la proposta della società in house con un benchmark di riferimento, risultante dalle condizioni praticate da altre società in house operanti nel territorio limitrofo.
Nel caso in esame, il TAR Milano ha ritenuto sufficientemente motivata la scelta della forma di gestione operata dal Comune di Vermezzo con Zelo perché supportata da un confronto tra le società private e le altre società in house operanti nel territorio limitrofo, avendo come benchmark di riferimento il Metodo tariffario Rifiuti (MTR-2) di ARERA.
Con un ulteriore motivo di ricorso, Sasom ha contestato la durata decennale del contratto di servizio oggetto di affidamento perché, a suo dire, si poneva in contrasto con l’art. 19 del d.lgs. 201/2022. Tale norma stabilisce che “nel caso di affidamento a società in house di servizi pubblici locali non a rete, la durata dello stesso non può essere superiore a cinque anni”.
Il TAR Milano ha rigettato il motivo di ricorso, affermando che il servizio di igiene ambientale è un servizio pubblico locale a rete, e, in quanto tale, non è soggetto al limite di durata quinquennale.
Il TAR Milano ha conseguentemente confermato l’affidamento in house del servizio di igiene ambientale nel comune di Vermezzo con Zelo alla società Amaga S.p.A.
DISTRIBUZIONE GAS / Gare ambito
Tariffe distribuzione gas 2020-2025: legittimo il coefficiente beta stabilito da ARERA per la remunerazione del rischio negli impianti di misura (Cons. Stato, sez. II, 28.11.2023, n. 10.185)
Fino al 2019 il tasso di remunerazione degli investimenti negli impianti di misura del gas, riconosciuto da ARERA nelle tariffe, era maggiore rispetto al tasso per gli investimenti negli impianti di distribuzione a causa del livello di rischio più elevato nel settore della misura (ad esempio, per l’obsolescenza tecnologica più veloce dei misuratori).
A partire dal 2020 Il testo unico sulle tariffe di distribuzione del gas naturale per il quinto periodo regolatorio (anni 2020-2025) ha stabilito che il tasso di remunerazione degli investimenti negli impianti di misura doveva essere lo stesso di quello previsto per gli investimenti negli impianti di distribuzione.
Secondo ARERA, infatti, con il trascorrere del tempo erano venute meno le ragioni che giustificavano il riconoscimento di un livello di rischio diverso per le due attività (distribuzione e misura del gas).
Il TAR Milano, con sentenza 407/2023, ha giudicato illegittima la scelta di equiparazione fatta da ARERA e ha annullato le relative disposizioni della delibera 570/2019, che ha approvato il testo unico RTDG 2020-2025.
A seguito dell’appello di ARERA, il Consiglio di Stato ha invece ritenuto corretta la scelta di equiparare i due tassi di rendimento degli investimenti, confermando la legittimità della delibera 570/2019 su questo aspetto (mentre ha ribadito l’annullamento di altre disposizioni contenute nella stessa delibera).
Secondo il Consiglio, il sindacato del giudice amministrativo deve limitarsi a verificare solo l’attendibilità della scelta del regolatore: alla luce delle motivazioni esposte da ARERA, la scelta di allineare il parametro beta per le attività di misura e distribuzione non risultava quindi irragionevole, né illogica.
Inoltre, la sentenza ha ritenuto corretta la scelta di ARERA sulla base dei risultati ottenuti con la perizia di verificazione che è stata effettuata su incarico del TAR Milano. La perizia, infatti, ha accertato che:
il profilo di rischio dell’attività di misura nel quinto periodo regolatorio (2020-2025) era inferiore a quello registrato nel quarto periodo;
l’attività di distribuzione e quella di misura sono caratterizzate entrambe da un’elevata incidenza di costi fissi;
assumendo come riferimento le società che hanno fornito i conti annuali separati relativi al periodo 2016-2019 e quelle considerate da Arera per la rilevazione dei costi operativi effettivi, emerge che il profilo di rischio associato ai costi della distribuzione non è inferiore a quello dei costi della misura.
Inoltre, ai fini del calcolo del rischio insito nell’attività, il Consiglio non ha ritenuto rilevante il fatto che l’Autorità non sia riuscita a reperire i dati finanziari specifici sulle società che svolgono esclusivamente l’attività di misura.
Poiché distribuzione e misura sono due attività strettamente connesse tra loro, il giudice ha ritenuto che i dati acquisiti sulle società che svolgono entrambe costituiscono una base valida per il calcolo del rendimento del rischio degli investimenti effettuati in ciascuna delle due attività.
Per queste ragioni, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello di ARERA e di conseguenza ha ritenuto legittimo l’allineamento del parametro beta per le attività di misura e distribuzione.
Si segnala che la questione è ancora aperta perché ci sono altri giudizi in corso pendenti contro la delibera ARERA n. 570/2019.
PRESCRIZIONE BIENNALE
ARERA ha pubblicato un chiarimento sulla prescrizione biennale dopo le sentenze del Consiglio di Stato del 29 dicembre 2023 (ARERA, comunicato 1° marzo 2024)
L’Autorità ha dichiarato che non c’è la necessità di intervenire di nuovo sulle delibere n. 603/2021 e n. 604/2021, aventi ad oggetto misure di attuazione della legge n. 205/2017 in materia di prescrizione biennale, nonostante le sentenze di annullamento da parte del Consiglio di Stato, in quanto le delibere sono autosufficienti e pienamente operative, anche senza le disposizioni annullate dal giudice amministrativo.
Il Consiglio di Stato, sez. II, con le sentenze 29 dicembre 2023, n. 11358 e 11360 ha respinto l’appello di ARERA contro le sentenze 2 gennaio 2023, n. 35 e 36, con cui il TAR Milano aveva annullato gli articoli 5 e 6.4 dell’Allegato A alla delibera ARERA n. 603/2021/R/com, recante Disposizioni per il rafforzamento delle tutele a vantaggio dei clienti finali nei casi di fatturazione di importi riferiti a consumi risalenti a più di due anni, e l’art. 9 della delibera n. 604/2021/R/com, recante Attuazione delle disposizioni della legge n. 205/2017 in materia di prescrizione biennale in relazione alle partite di settlement .
Le disposizioni annullate ordinavano ai distributori di energia e gas di indicare al venditore, nelle comunicazioni dei dati di misura riguardanti consumi risalenti a più di due anni, l’esistenza di cause di interruzione della prescrizione del credito.
In questo modo, l’Autorità intendeva instaurare un coordinamento tra distributore e venditore, per consentire un’efficiente applicazione della disciplina della prescrizione biennale nei due rapporti contrattuali funzionalmente collegati tra loro: (i) quello tra distributore e venditore e (ii) quello tra venditore e cliente finale.
La regolazione era diretta ad assicurare l’operatività delle cause previste dal codice civile che impediscono la maturazione della prescrizione, in particolare quella dell’art. 2941, n. 8, secondo la quale “la prescrizione rimane sospesa […] tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”.
Infatti, le condotte compiute dal cliente finale sul contatore, che possono costituire causa ostativa della prescrizione, possono essere accertate non dal venditore, ma dal distributore in quanto responsabile della rilevazione dei dati di misura.
Tuttavia, con le sentenze n. 11358 e 11360 del 2023, il Consiglio di Stato, confermando la decisione del TAR Milano, ha ritenuto illegittime tali disposizioni, in quanto le norme speciali in tema di prescrizione biennale, introdotte dalla legge 205/2017, non assegnano all’Autorità il compito di garantire la circolazione, tra le diverse imprese della filiera, delle informazioni essenziali per far valere i loro diritti, né di prevenire l’insorgere di contenziosi tra distributore e venditore. Inoltre, la fissazione delle regole in questione non rientrava nei compiti istituzionali assegnati dalla legge ad ARERA.
Tra distributore, venditore e cliente finale si instaurano due distinti rapporti negoziali, il primo che lega il venditore al cliente finale e il secondo che intercorre tra il distributore e il venditore.
Perciò, anche se l’attività di misura svolta dal distributore può essere rilevante anche per il contratto di fornitura tra venditore e cliente finale, secondo i Giudici, ciò non autorizza l’Autorità ad imporre al distributore l’onere di rilevare e comunicare fatti che possono incidere sulla prescrizione del credito nel rapporto tra venditore e cliente finale. Queste ultime attività devono gravare sul venditore in quanto egli ha la posizione di creditore nel rapporto col cliente finale.
A seguito delle decisioni del giudice amministrativo, l’Autorità ha ritenuto che non ci fosse la necessità di un nuovo intervento sulla regolazione contenuta nelle delibere 603/2021 e 604/2021.
Perciò, da un lato, per adempiere agli obblighi previsti dalla delibera 603/2021, sulle informazioni da dare ai clienti finali in caso di fatturazione di consumi risalenti a più di due anni, con particolare riferimento alla possibilità di ritenere maturata o meno la prescrizione, il venditore dovrà procedere sulla base delle sole informazioni a sua disposizione, senza più dover attendere ulteriori elementi dal distributore.
Dall’altro lato, per quanto riguarda l’ammissione al meccanismo di compensazione degli oneri previsti dalla delibera 604/2021 (v. art. 3.1, lett. b), il venditore potrà partecipare con riferimento agli importi per i quali avrà a sua volta eccepito la prescrizione al distributore, senza che quest’ultimo abbia rilevato una causa ostativa alla sua maturazione ai sensi del codice civile. Sarà quindi onere del distributore dimostrare l’esistenza di tali cause ostative, come quella dell’art. 2941, n. 8, cod. civ.
PRATICHE SCORRETTE
Confermata condanna irrogata da AGCM per pratiche commerciali scorrette (C.d.S., VI, 16 febbraio 2024, n. 1561)
Il Consiglio di Stato (C.d.S.), sez. VI con sentenza n. 1561/2024 del 16 febbraio 2024, ha respinto l’appello proposto da Enegan contro la sanzione della Autorità per la concorrenza (AGCM), già confermata dal TAR Lazio con sentenza n. 9903/2021.
Il provvedimento era stato emanato a conclusione del procedimento sanzionatorio PS9753, avviato dall’Autorità nei confronti di Enegan per violazione degli artt. 20, 22, 24 e 25 Codice del consumo (d. lgs. 206/2005), con il quale è stata accertata l’attuazione, da parte della Società, di pratiche scorrette nella fornitura di energia elettrica e gas consistenti in:
fatturazione di diverse voci di costo e penali per recesso non dovute dagli utenti;
omissione di informazioni rilevanti e trasparenti sulla natura di tali oneri.
In particolare, nel caso di esercizio del diritto di recesso, la Società addebitava agli utenti oneri a titolo di recupero dei costi di attivazione di EUR 80, qualificati come penali per l’uscita dal contratto, che venivano stornati in fattura solo a seguito del reclamo del cliente.
Inoltre, la Società addebitava ulteriori oneri erroneamente determinati (oneri amministrativi), o non previsti dai contratti sottoscritti dagli stessi (oneri perequativi), oppure in contrasto con la disciplina vigente (oneri postali).
Infine, Enegan modificava in via unilaterale le condizioni economiche dei contratti in mancanza di una comunicazione preventiva, impedendo così ai propri clienti di recedere senza spese dal contratto di fornitura qualora non avessero voluto aderire alle variazioni economiche.
A fronte delle contestazioni ricevute dalla clientela dopo l’emissione di fatture che comprendevano tali oneri, la Società accoglieva i reclami procedendo al relativo storno, rispondendo che gli oneri contestati (e non dovuti), erano stati erroneamente addebitati a causa di disfunzioni del sistema di fatturazione. Anomalie, peraltro, mai dimostrate, né risolte con alcun tipo di intervento.
Sebbene la Società abbia sostenuto che l’accoglimento dei reclami rispondeva ad una politica aziendale corretta, volta a favorire la permanenza del cliente al fine di non dover sopportare gli elevati costi di acquisizione, AGCM ha evidenziato come la complessiva politica di fatturazione – consistente nell’applicazione di corrispettivi occulti – rispondeva a logiche opportunistiche ed economicamente vantaggiose. Infatti, l’impropria fatturazione di oneri ad un elevato numero di clienti, salvo storno a seguito di reclamo a un numero ben inferiore di utenti, permetteva in ogni caso di massimizzare il profitto che si poteva ottenere da ogni singolo rapporto.
AGCM ha inquadrato la condotta come pratica commerciale scorretta, caratterizzata da omessa diligenza e profili di aggressività tali da ostacolare l’esercizio dei diritti spettanti ai consumatori, compreso quello di recedere dal contratto senza oneri (cfr. delibera ARERA 783/2017 in materia di modalità e tempistiche relative alla disciplina del recesso dai contratti di fornitura).
Prima della chiusura del procedimento, Enegan ha adottato misure a favore dei consumatori, volte a modificare la propria politica di fatturazione. A tal fine, sono state eliminate le clausole che, in caso di recesso degli utenti, consentivano alla Società di addebitare oneri aggiuntivi (penali) o di revocare gli eventuali sconti e benefici concessi al cliente in fase contrattuale. Nonostante ciò, in considerazione della gravità della condotta contestata, nel giugno 2019 AGCM aveva irrogato nei confronti della Società una sanzione di EUR 2.875.000 (sanzione confermata prima dal TAR poi dal Consiglio di Stato).
CONTRATTI NON RICHIESTI
Sanzioni AGCM per contratti non richiesti di fornitura di energia e gas (Cons. Stato, VI, 27.12.2023, n. 11.175)
Nel 2016 l’Autorità per la concorrenza (AGCM) ha contestato a IREN Mercato (IREN) alcune condotte scorrette verso i consumatori, ritenute aggressive e contrarie ai principi di buona fede:
conclusione di contratti non richiesti e attivazione non richiesta della fornitura di energia elettrica e gas;
2. conclusione di contratti a distanza e fuori dai locali commerciali, in violazione dei diritti dei consumatori.
Rispetto al primo punto, AGCM ha rilevato che la società aveva acquisito clienti senza il consenso, o in presenza di un consenso viziato da parte dei clienti, in violazione degli artt. 20, co. 2, 24, 25, 26(f) e 66-quinquies cod. consumo.
Le condotte attuate da IREN consistevano in:
conclusione di contratti e attivazione di forniture di energia elettrica o gas in mancanza di manifestazione di volontà o sottoscrizione da parte del cliente;
conclusione di contratti e attivazione di forniture non consapevoli, a seguito di comunicazioni ingannevoli o omissive da parte degli agenti di vendita;
imposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di ripensamento da parte del cliente.
Rispetto alle attività indicate nel punto n. 2), l’Autorità ha contestato la violazione dell’art. 51, co. 6, cod. consumo, che prevede la firma o accettazione per iscritto per la conclusione dei contratti a distanza. Specifiche contestazioni sono state mosse contro le vendite telefoniche (teleselling) e “porta a porta”, perché la società ha acquisito clienti senza ottenere la sottoscrizione dell’offerta.
Molti consumatori hanno lamentato di esser stati inseriti tra i clienti senza aver avuto alcun contatto con la società o nonostante un rifiuto espresso di accettazione dell’offerta. Inoltre, hanno denunciato che i teleseller non si erano presentati in modo trasparente e avevano diffuso informazioni ingannevoli per ottenere i dati necessari per attivare la fornitura.
La società si è giustificata dicendo che l’acquisizione dei clienti era stata affidata ad agenzie esterne, per cui non era responsabile del loro operato. Nonostante ciò, nel 2017, al termine dell’istruttoria AGCM ha irrogato una sanzione di € 830.000.
L’Autorità ha innanzitutto respinto la promessa di impegni da parte di IREN di adeguarsi alla disciplina di settore. Nel merito, con riferimento all’utilizzo di agenzie esterne, ha osservato che la società avrebbe dovuto impegnarsi di più a controllare i comportamenti dei singoli agenti, poiché il ricorso alle agenzie non costituisce motivo esenzione da responsabilità.
IREN ha impugnato la sanzione, ma il TAR Lazio ha respinto il ricorso contro AGCM. La sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato.
Secondo il Consiglio, le condotte commerciali della società sono state poste in essere in un mercato liberalizzato di recente, in cui le scelte degli utenti (poco informati) erano influenzate da tecniche di vendita “innovative”. In questo contesto il pericolo di subire pratiche commerciali scorrette – vale a dire dirette a comprimere l’autonomia di giudizio del consumatore medio – è più elevato, sicché la società di vendita deve attenersi ad uno standard di diligenza più elevato.
Nel caso in esame, la libertà di scelta del consumatore era stata compromessa, per cui la diligenza impiegata dalla società (sia per prevenire gli abusi, che per sanzionare le violazioni delle agenzie) non era stata sufficiente (cfr. C.d.S. n. 1953/2023).
Per questa ragione, il Consiglio ha confermato la sanzione di AGCM e la sua decisione di non accogliere la proposta di impegni fatta dalla società, anche in considerazione dei poteri discrezionali dell’Autorità.